IL FORTE DI M. TUDAIO  (m 2114)
Impianto fortificatorio costruito agli inizi del ‘900 dal Genio italiano sulla cima del monte Tudaio (m 2214) per sbarrare le provenienze nemiche dalla Val Ansiei, dal Comelico e dalla Carnia.
L’interesse strategico per la posizione risale al 1905, in relazione alle insufficienti garanzie offerte dal costruendo forte di Col Piccolo presso Vigo di Cadore, giudicato già allora troppo basso e vulnerabile, ma solo nel 1908 furono eseguiti studi particolareggiati  per individuare il sito più adatto alla costruzione di un’opera “alta”, in grado di dar protezione ed ampliare gli obiettivi.
Tra le varie ipotesi allora prospettate (Pian dei Buoi, Altopiano di Danta, Croda Paterna, Col di Villagrande, ecc.) fu il Capitano F. Pecco, C.te della 3a compagnia Minatori e Direttore dei lavori di Col Piccolo, ad imporre, in seguito a dettagliati studi, prima alla Sottodirezione del Genio di Belluno e poi agli stessi alti vertici a Verona e a Roma, l’idea di un forte sulla cima di M. Tudaio.
La nuova opera avrebbe dovuto dare protezione al forte di Col Piccolo e togliere ad esso il peso di numerosi obiettivi lontani, agendo contro le provenienze dal Passo di M. Croce, da Misurina per la Val Ansiei e dal Passo della Mauria.
Il problema principale consisteva però nella via d’accesso, poiché il monte, sfruttato in alcune limitate aree dalla popolazione di Vigo, Laggio e Piniè solo per la caccia, la fienagione e il pascolo di pecore e capre, disponeva solo di modesti sentieri. Negli anni 1909 e 1910, sempre su progetto del Pecco, venne costruita dunque l’ardita strada che dalla Val Ciariè (m 897) risale ancor oggi la larghe svolte il largo costolone occidentale del monte fino alla cima, toccando le località di “Pian de Liberal” (m 1200), “Pian delle Mede” (m 1400), “La Busa” ( m 1551) e “Col Muto” (m 1996). Si tratta di una strada a piani inclinati, della lunghezza complessiva di 8200 metri, sviluppata per tutto il percorso su grandiose falde di roccia e sostenuta per lunghi tratti da muri di scarpa, con una larghezza tra i 2,5 ed i 3 metri e con una pendenza media del 18% nel primo tratto e del 12% nel secondo. Anche se la massicciata impiegò parecchi anni per rassodarsi, permise l’inizio dei lavori sulla cima già nel 1911 e il posizionamento di alcuni medi calibri per la difesa provvisoria.
Tutto il forte ruotava intorno alla batteria in calcestruzzo, dalla classica forma di U rovesciata (m 37 x 15 circa), all’interno della quale vennero ricavati quattro pozzi cilindrici per cannoni da 149 AL 35, affiancati ad interasse di 8 metri con copertura robusta tipo A (Armstrong). Sul corridoio retrostante ai pozzi sfociavano sia l’elevatore a cremagliera che permetteva l’afflusso delle granate dai depositi sotterranei, sia le tre rampe d’accesso dal piano sottostante. L’impianto sostanzialmente era disposto infatti su tre piani: sotto i pozzi e le riservette della batteria erano posti i corridoi d’accesso, i depositi ed i laboratori, mentre più in basso ancora, nelle viscere della roccia, era stato ricavato il magazzino delle polveri (m 7 x 22), con accesso pure dal cortile sul rovescio. Quale supporto logistico venne costruita più ad est, in posizione defilata, una caserma di due piani (m 43 x 7), nella quale erano ricavati alloggi per la truppa, uffici, cucine e servizi igienici. La guarnigione, prevista in circa 300 uomini, poteva disporre di una grande vasca per la raccolta dell’acqua piovana, di efficienti sistemi di riscaldamento tramite caldaia, di un moderno osservatorio sul quale erano installati due potenti cannocchiali e di ben due teleferiche che assicuravano i rifornimenti: una più grande, della portata di circa 15 quintali, che partiva da Piane presso Laggio e s’appoggiava a Col de Poeca (m 1406), ed una più piccola, che saliva dalla Val Ciariè.
Il complesso fortificatorio, che poteva contare su forno del pane, centralina elettrica, laboratorio del fabbro, stazione di Carabinieri, frantoio per le pietre, nonché locali vari per lo svago dei soldati e dei manovali, veniva difeso da un complesso sistema di difesa, impostato su una triplice cinta difensiva che, attraverso trincee, osservatori e postazioni, scendeva quasi fino a valle ed escludeva qualsiasi colpo di mano tentato dal nemico col favore delle tenebre o della nebbia.
A quota leggermente più bassa, nella roccia del sottostante Col Muto, venne tra l’altro scavata a partire dal 1916 una lunga galleria, che si dirama in 4 bracci per servire altrettante postazioni di medio calibro in caverna rivolte verso Auronzo, il Passo del Zovo e Danta.
Il forte costituiva uno dei caposaldi della Fortezza Cadore-Maè e, in virtù anche della sua alta quota, poteva disporre di un ampio raggio d’azione, di circa 14 chilometri, arrivando ad investire punti nevralgici, quali la zona di Calalzo, la Val Ansiei fino a Giralba, la strada di Montecroce fino al ponte sul Pissandolo, la strada per Sappada fino a Presenaio. La sua ultimazione però non rimase affidata al suo primo progettista, il Cap. Pecco, allontanato dal suo incarico in seguito a denuncia di un superiore per malversazione ed incapacità e solo dopo un estenuante processo del tutto scagionato e riabilitato.
All’inizio del I conflitto mondiale il forte era presidiato dalla 6a compagnia del 9° Reggimento di Artiglieria da Fortezza, con 2 ufficiali e 242 uomini di truppa, e poteva disporre di 4 cannoni da 149 A (per ognuno dei quali c’erano 800 colpi) e 4 mitragliatrici Gardner mod. 1886.
Ben presto però, a seguito dell’assestarsi della linea di fronte al di forte in due fasi successive, il 18 e il 26 ottobre: i pezzi delle cupole e delle avancorazze furono scagliati verso i dirupi della Val Ciariè e della valle del Piave.
Da allora e per parecchi anni il forte offrì in Oltrepiave occasione di lavoro e guadagno ad alcune famiglie di recuperanti, attivi soprattutto nel disinnesco delle granate e alla fusione del piombo.
Del tutto estraneo agli interessi militari nel II conflitto mondiale, il Tudaio è divenuto una meta turistica ambita, sia per l’indubbia attrattiva costituita dai ruderi, almeno in parte visitabili, sia per il vasto panorama offerto, soprattutto in direzione nord e sud. Sulla sua cima sono state allestite scritte luminose inneggianti alla pace durante i soggiorni di S.S. Giovanni Paolo II a Lorenzago alla fine del secolo scorso, essendo il monte ben visibile da Castello Mirabello, per alcune estati felice residenza estiva del Pontefice. Sulle rovine del forte oggi s’innalzano imponenti antenne televisive e telefoniche, per la cui manutenzione è stato necessario riattare la strada d’accesso, che per molti decenni era stata abbandonata alla completa fatiscenza, cosicché il personale preposto può salire con mezzi fuoristrada fin sulla vetta.
Dal 2001, in seguito a stanziamenti europei e all’entusiasta opera di appassionati e volontari di Vigo di Cadore, il monte costituisce l’attrattiva principale di un percorso culturale, opportunamente documentato da guide e pannelli esplicativi.

COME SI RAGGIUNGE:
I ruderi del grande forte corazzato sono raggiungibili attraverso la strada militare che dal Rio Soandre (m 897) si sviluppa a piani inclinati per una lunghezza di km 8,200 fino alla vetta (m 2114), dalla quale si può godere di uno spettacolare panorama, soprattutto sul Centro Cadore e sulla Val Ansiei.
RITROVO
A Laggio di Cadore (m. 945) presso il piazzale Arena, dal quale si può proseguire in auto fino al posteggio situato poco oltre lo chalet “Pino solitario”  (m 897). Poi si attraversa la Val Ciariè e si prosegue a piedi lungo la strada militare.
DISLIVELLO
1217 metri, con percorso in costante salita (pendenza media 11%).
DURATA
8-9 ore, a seconda di cosa si intende visitare lungo la strada e sulla cima.
DIFFICOLTA’
Percorso escursionistico, richiede un minimo di allenamento, trattandosi di escursione d’alta montagna, non adatta a persone con ridotte capacità motorie.